27 gennaio. Franco Zeffirelli firma questa sera una nuova edizione di Pagliacci al Filarmonico. L’opera in due atti di Ruggero Leoncavallo, che vide la luce esattamente 120 anni fa al teatro Dal Verme di Milano, sarà interpretata da cantanti noti al pubblico veronese e diretta dalla collaudata bacchetta di Julian Kovatchev. Tra loro Amarilli Nizza (è Nedda), strettamente legata a Verona per le sue ininterrotte partecipazioni agli spettacoli dell’Arena e del Filarmonico di questi ultimi sei-sette anni. Una protagonista che alla bravura vocale sa accoppiare una forte tempra teatrale e una prestanza fisica che lascia il segno. «Nedda», dice, «è davvero un bel personaggio! Non una sgualdrinella da quattro soldi che si vuole spesso dipingere. Anche Franco Zeffirelli nelle sue regie l’ha sempre voluta come una sfortunata e infelice donna, una povera ragazza abbandonata e raccolta per strada da Canio. Cresce in una compagnia di circensi, di sbandati e ha conosciuto sempre e solo questa realtà. Non c’è mai stato amore vero tra lei e Canio, ma solo gratitudine. Conosce poi questo giovane Silvio e per la prima volta si innamora».
Silvio che le propone di fuggire insieme… «Lei non è pronta a un simile passo, non è sicura di se stessa, nonostante l’amore che prova. È frastornata, presa dai molti eventi e quindi è una figura molto bella se vogliamo, una figura vera quando prova dell’affetto», continua il soprano. «È molto umana, mi fa tanta tenerezza. Provo rispetto per lei quando crede che la commedia continui. Non pensa che Canio sia un violento, ma un buono che non arriverà mai a ammazzare. Quando capisce che le carte in tavola stanno cambiando è troppo tardi».
Pagliacci è un vero fatto di cronaca. Se ne leggono tutti i giorni, fatti del genere. «Sì», conviene la cantante. «Una verità che Leoncavallo ha fermato come fosse ancora in movimento, come avesse in mano un obiettivo fotografico. Nessuna altra musica a fine Ottocento è riuscita a inserirsi così bene nel mondo dei clown, dei guitti, che recitano parti assurde per non vedere la realtà. E quando questa arriva non possono che continuare a fingere per non riconoscere il proprio squallore».
Ma Nedda che personaggio è? «Una sognatrice», risponde Amarilli Nizza, «che nel suo monologo svela tutta la sua natura sensuale, appassionata, Quando rimane sola è presa dall’angoscia per la reazione di Canio, ma poi si abbandona a contemplare il libero volo degli uccelli e canta la famosa ballatella “Stridono lassù”, un brano per sua natura fragile e troppo elementare. Finalmente il verismo dell’opera ha poi la sua scena madre nel duetto tra lei e Tonio, guastata dal lirismo eccessivo della romanza dell’uomo».
«Mi piace il richiamo al teatro voluto da Nedda, per stabilire certe divergenze con la realtà che viene sottolineato da Leoncavallo con un gioco sottile di fioriture, subito interrotto dalla prepotenza di Tonio», conclude Amarilli Nizza. «Nonostante questa commistione di stilemi e alcuni scivolamenti di gusto, che hanno creato attorno all’opera una aperta disistima dell’ambiente musicale, Pagliacci continua ad appassionarmi oltre ad essere uno dei titoli più rappresentati al mondo. Merito certamente della sua abile struttura drammatica, dell’intelligente bilanciamento di effetti patetici, tragici, grotteschi e sentimentali, che producono immancabilmente forti emozioni nel pubblico
.e pure negli interpreti».
Gianni Villani